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 Aroldo - G. Verdi

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Aroldo - G. Verdi Empty
MessaggioTitolo: Aroldo - G. Verdi   Aroldo - G. Verdi EmptyDom Gen 16, 2011 9:23 pm

L’opera è il rifacimento di ?Stiffelio, del quale conserva in buona parte la trama ma non l’attualità e la scottante vicenda. Scartata l’idea di una parziale rielaborazione, Verdi pensò a un intervento molto più radicale, che prevedeva una diversa ambientazione e soprattutto la trasformazione del protagonista da pastore protestante a crociato inglese di ritorno dalla Terra Santa nella Scozia del XIII secolo. Piave si era rivolto al romanzo di Walter Scott,The Betrothede, per quasi tutti i nomi dei personaggi, all’Harold, the Last of the Saxon Kingsdi Bulwer-Lytton. Il rifacimento occupò Verdi più del previsto (dalla primavera del 1856 agli inizi dell’estate dell’anno successivo). La prima rappresentazione inaugurò il Teatro Nuovo Comunale di Rimini e si risolse in un pieno successo, grazie anche a interpreti di valore come Marcella Lotti nei panni della protagonista ed Emilio Pancani in quelli di Aroldo.

Atto primo. Aroldo è rientrato dalla guerra insieme al fedele Briano. Egberto, suo suocero, organizza una festa di benvenuto ma Mina, sua figlia e moglie di Aroldo, oppressa dalla colpa di avere avuto una relazione con Godvino, non gioisce per il ritorno del marito. Questi, rimasto solo con la donna, le rivela il dolore e la nostalgia provati durante la lunga assenza (“Sotto il ciel di Siria”) ma rimane turbato dal suo comportamento, tanto più che Mina non ha più al dito l’anello nuziale. (Per il seguito dell’atto, cfr.Stiffelio).

Atto secondo. (Per la gran parte dell’atto, cfr.Stiffelio). Nel finale, Aroldo, compreso il tradimento, vorrebbe battersi con Godvino. Ma sopraggiunge Briano, che gli ricorda la sua missione di crociato e di cristiano e il suo dovere di perdonare. Sopraffatto dall’emozione, Aroldo perde i sensi.

Atto terzo. (Per la gran parte dell’atto, cfr.Stiffelio). L’atto si conclude con la partenza di Aroldo, sconvolto e indignato per non avere potuto farsi giustizia da solo uccidendo Godvino, insieme all’amico Briano.

Atto quarto. Briano e Aroldo vivono da eremiti sulle rive di un lago scozzese (“Angiol di Dio”). Si scatena una tempesta ma, nonostante ciò, una barca riesce ad approdare: essa reca Egberto, ricercato dalla legge per avere ucciso Godvino, e Mina. Ad Aroldo, che riconoscendola la accusa di perseguitarlo, la donna chiede umilmente se un giorno, non importa se lontano, potrà ottenere da lui il perdono. Aroldo, turbato, sente nascere in lui un sentimento nuovo e mentre Briano ricorda evangelicamente che nessuno è privo di peccati, abbraccia commosso la donna.

La principale causa della debolezza diAroldorisiede proprio nelle sostanziali modifiche apportate al soggetto: retrodatazione della vicenda e mutatostatusdel protagonista. Infatti, alcuni motivi, scabrosi ma plausibili nell’intreccio originario (per tutti, quello del dissidio interiore tra il dovere evangelico del perdono e il desiderio di vendetta), risultano incomprensibili o addirittura grotteschi nel nuovo canovaccio steso da Piave: inStiffelio, al culmine della tensione, Lina si rivolgeva «Non allo sposo [...] ma all’uom del Vangelo» e chiedeva di essere confessata; in Aroldo la distinzione risulta improponibile perché il protagonista è un laico. Quanto al divorzio che Aroldo, come Stiffelio, concede generosamente alla moglie, si potrebbe osservare che un cavaliere medievale in presenza di una moglie adultera e rea confessa, avrebbe potuto farsi giustizia da sé con buona pace delle autorità ecclesiastiche. SeStiffelioappare più compatto e logico,Aroldoè però opera più matura nel linguaggio musicale e nella profondità psicologica dei personaggi. Poiché alla prima rappresentazione dirigeva Angelo Mariani, uno dei più validi direttori della seconda metà dell’Ottocento, Verdi sapeva di poter contare su un collaboratore preparato e scrupoloso. Per questo, compose musica di insolita complessità, come l’episodio corale introduttivo (peraltro più convenzionale del recitativo di Jorg che inizia loStiffelio) e il canone “Angiol di Dio”, giovandosi anche del fatto che entrambi gli episodi, prevedendo un coro fuori scena, non dovevano essere eseguiti necessariamente a memoria ma leggendo dalla parte. Anche la tempesta sul lago nell’atto finale rappresenta, sotto il profilo della strumentazione e dell’accurato descrittivismo musicale, una delle pagine più ambiziose concepite da Verdi fino a quel momento. Oltre a ciò, l’impiego di temi ricorrenti (per tutti, il donizettiano tema della tromba nel preludio, che ricompare nell’aria di Aroldo “Sotto il ciel di Siria”) è il segno di un rigore compositivo che nelloStiffelioresta solo accennato (inAroldo, Verdi utilizza tutti e cinque i motivi presenti nel preludio contro i tre impiegati nelloStiffelio). Alcune delle pagine comuni alle due opere non furono riproposte tali e quali ma, come nel caso del finale primo, sviluppate e non solo da un punto di vista musicale. Il profilo della protagonista femminile divenne ad esempio più maturo e meglio delineato: la sofferta consapevolezza dell’adulterio non è più, come inStiffelio, intuita nel corso di alcuni brani di assieme ma espressa con suggestiva pregnanza nel corso di un monologo, all’inizio dell’opera e nel già citato dialogo con Aroldo nel terzo atto. Qui, nonostante le maggiori incongruenze, Mina assume uno spessore drammatico che Verdi, prima dell’esperienza diTraviata, forse non avrebbe saputo conferirle. Nonostante il successo della ‘prima’, l’opera non riuscì a inserirsi stabilmente in repertorio e a tutt’oggi non è mai stata rappresentata alla Scala. La prima rappresentazione in tempi moderni, al Maggio musicale fiorentino, risale al 3 giugno 1953.

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