Dopo avere conquistato le maggiori piazze operistiche italiane, nel 1847 Verdi puntò alla scena internazionale, conI masnadieriper Londra eJérusalemper Parigi. Nella capitale francese, dove soggiornava, scrisse nell’inverno 1847-48Il corsaro, per adempiere agli ultimi obblighi contrattuali con l’editore milanese Lucca. Sulla scelta della fonte byroniana (già utilizzata dal librettista Ferretti per l’omonima opera musicata da Pacini, Roma, Teatro Apollo, 5 gennaio 1831) influì certamente l’ambiente romantico lombardo, a cui il compositore si era accostato frequentando il salotto milanese di Clara Maffei. Il soggetto, da lui già accarezzato prima del 1844 e affidato a Piave per la riduzione librettistica nel ’45, per soddisfare una commissione londinese poi rinviata, venne infine ripreso e l’opera fu consegnata all’editore senza che si avesse una nozione precisa della sua destinazione. L’inusuale disinteresse di Verdi indicava forse una scarsa fiducia nel lavoro, come conferma la sua assenza alla ‘prima’.
In un’isola dell’Egeo. Corrado, stanco dell’esilio, lascia Medora e decide di attaccare con i suoi corsari la città turca di Corone. Seid viene a sapere dell’imminente azione, ma non se ne cura e festeggia anticipatamente nel suo palazzo la vittoria sui corsari. Al banchetto partecipa anche la favorita Gulnara, che in segreto odia Seid (la sua cavatina “Vola talor dal carcere”, nel secondo atto, è esemplare per l’intensità di scrittura tipica del Verdi successivo aMacbeth). Giungono i corsari e Corrado, introdottosi nel padiglione del banchetto sotto le mentite spoglie di derviscio, si rivela, chiamando i suoi alla battaglia. Il combattimento si risolve in favore di Seid, che condanna a morte il corsaro nonostante Gulnara, innamoratasi di lui, chieda che sia graziato. Raggiunto Corrado in prigione (un preludio a tinte fosche ambienta la scena), Gulnara gli propone l’assassinio del pascià in cambio della libertà, ma il corsaro, per onore, rifiuta. La schiava allora uccide Seid di propria mano (l’orchestra commenta l’episodio riprendendo un passaggio ‘tempestoso’ già udito nel preludio al primo atto) e fugge con Corrado. Sbarcati sull’isola vi trovano Medora morente; ella rivela di essersi avvelenata temendo di non rivedere più l’amato; Gulnara, a sua volta, confessa il proprio amore a Corrado, ma quando Medora muore, il corsaro si suicida gettandosi dalla scogliera.
Benché il modello drammaturgico risulti per certi aspetti datato e taluni momenti sappiano forse diroutine, l’opera rivela diversi motivi d’interesse. Il conflitto tra Corrado e Seid e l’amore infelice di Gulnara vengono posti in adeguato rilievo, e ciò conferisce all’opera un taglio conciso, che coniuga abilmente un tocco pacato, di ascendenza belliniana, alla rudezza delle scene guerresche e degliensembles. Se il preludio è esemplare per la scrittura a contrasti (all’apertura tempestosa dell’orchestra si giustappone un tema lirico di grande semplicità), l’andante del finale del secondo atto (“Audace cotanto mostrarti pur sai?”), dedicato a Seid e campeggiante ancora all’inizio dell’atto successivo, si offre come esempio di economia di mezzi espressivi, utilizzando per ben 79 battute un’unica cellula ritmico-melodica. Molti momenti dell’opera, soprattutto nell’ultimo atto, reggono il confronto con le innovazioni maggiori di quel periodo e annunciano gli esiti futuri; sono inoltre da notare taluni influssi francesi, nell’adozione della doppia strofa per le prime due arie dell’opera.